martedì 12 dicembre 2006

Victor Jara



Ormai la mia vita eugubina mi priva quasi della possibilità di seguire le notizie del giorno, non che l'abbia mai fatto con particolare attenzione, ma mi ritrovo a vivere delle giornate un po' fuori dal mondo. I miei impianti, qualche libro da studiare e l'idea di iniziare un corsettino di francese con Trippa e Go. Vedremo. Intanto sento comunque parlare di Pinochet, di questi funerali che non sono di stato, ma forse anche sì. Mi è ritornata in mente una storia bellissima, quasi come quella di Garrincha, che a Giulia ho promesso di pubblicare. Il racconto riguarda Victor Jara, principalmente un contadino. La famiglia era povera non per particolari motivi, ma semplicemente perché il padre li abbandonò, la madre invece gli insegnò a cantare e a suonare la chitarra. La sua musica rimase sempre quella delle canzoni popolari. Parlava di gente umile, di un impegno politico che andava crescendo e che assumeva le sembianze di un impegno umano. Violeta Parra è l'altra donna che lo spinse a cantare, quella di gracias a la vida. Jara diceva di ispirarsi al linguaggio dei più, che attorno agli anni '60 e '70 in Cile erano i più umili. E diceva di essere felice di poter cantare e fare tanto, solo che capiva di dover fare di più. Diceva che non avrebbe voluto vedere il Cile civilizzato, lo preferiva rozzo e aperto. Nell'ultima parte della campagna elettorale di Allende sostenne apertamente la sua ascesa politica, lo fece con un concerto allo stadio di Santiago. Divenne amico di Neruda in un paese dove tutto era politica. Con il colpo di stato militare nel 1973, venne ricercato e condotto come molti altri allo stadio di Santiago. E proprio lì dentro scrisse una canzone che parla di 5000 persone spaventate. Si dice che di fronte alla paura della gente lui cantasse, per consolarla. Chitarra e voce. Gli intimarono di smettere e lui continuò, gli spezzarono le mani per impedirgli di suonare, e lui continuò a cantare. Lo riempirono di botte e torture fino a quando per non farlo cantare di fronte alla gente rinchiusa nello stadio gli spararono. Lo stadio di Santiago oggi si chiama Victor Jara. Se tutto sia andato così non lo so, io credo a chi me l'ha raccontata e accenno due versi
...la sonrisa ancha
la lluvia en el pelo
no importaba nada
ibas a encontrarte con el...
la canzone è Te recuerdo Amanda, se non la conoscete, ascoltatela

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Un post meglio dell'altro. Piacevolissima ed interessante la lettura. Bravo Forfecchia! Quasi mi vergogno di sporcarti il blog con le mie insulse cavolate. Ne approfitto per dirti di tenerti libero venerdì sera per una festona molto bella!

Anonimo ha detto...

Post fantastico

Anonimo ha detto...

gracias a focia, que me ha dado tanto

Anonimo ha detto...

merda, non focia, focaia

Anonimo ha detto...

ce so, manco voglio sape' che festa sia, me carico de simpata e poi sarò bello e allegro fino alle 4 de mattina. Ormai è la prassi del venerdì, ma che bellezza avere il sabato mattina libero