venerdì 30 marzo 2007

stagiaire


Mamma mia quanto tempo è che non torno a scrivere, ma oggi già sono più allegro e meno stanco. Sarà che inizio a mettere insieme i cocci del master e magari sarà anche il paio di giorni a casa che mi hanno concesso un po' di riposo e qualche ora di sonno in più. Tra tutto ciò mi è arrivata l'email di un giovane ingegnere neo-laureato che chiede di poter fare uno stage al mio studio. Ora, a parte il fatto che nemmeno so dove mettere un'altra persona visto che lo studio non esiste, ma se siamo arrivati a questo punto vuol dire veramente che la situazione del lavoro in Italia è molto peggio di quello che posso soltanto immaginare. Credo che si sia toccato il fondo, ancora non ho risposto a questo ingegnere, ma domani cercherò di farlo e di spiegargli perché non posso prenderlo a fare uno stage. Comunque mi dispiace. Ormai i neo-laureati si offrono per stage ai privati, ma l'approccio non dovrebbe essere semplicemente l'opposto? Io ho bisogno di un qualsiasi lavoratore e lo cerco, metto annunci, faccio colloqui, richiedo un curriculum dietro l'altro, già che ci sono a quei quattro candidati che mi piacciono gli faccio fare anche un test psicologico e poi li faccio scannare tra di loro i quei miserabili colloqui di gruppo. Ma così non va più bene niente, non si può ridurre gente che ha studiato 20 anni a elemosinare uno stage, costringerli a passare da una specializzazione ad un'altra senza lasciare una prospettiva, non si può e basta. Sarebbe ora che qualcuno in parlamento se ne rendesse conto, invece nessuno parla più di lavoro e di diritti dei lavoratori. Si fanno soltanto campagne propagandistiche sulla sicurezza dei lavoratori, ma nessuno dice più niente su una situazione che non offre un po' di dignità a nessuno. Sembra che offrire contratti temporanei o collaborazioni sia ormai un piacere che fa il datore di lavoro, se fossi un datore di lavoro giuro che mi vergognerei solo a offrire un contratto temporaneo dopo un periodo di stage. E poi pare che il problema di questo paese siano le coppie di fatto o i dico, chissà se i parlamentari scenderebbero i piazza per qualche diritto in più sui posti di lavoro. Domani comunque riscriverò a questo ingegnere, per ora sogni d'oro a tutti e anche a me

lunedì 19 marzo 2007

il tempo è tiranno

Sull'orologio a pendolo di casa c'è scritto che il tempo fugge, aggiungerei che il tempo passa sì, ma lo fa come un colomba. Ora va capito com'è che proprio una colomba sia l'immagine del tempo che passa, sarà perché scacarella dove capita senza guardare in faccia nessuno? Può darsi, ma può darsi anche che sia perché passa e quasi nessuno se ne accorge. Così mi ritrovo a scrivere qua davanti dopo diversi giorni che non lo faccio e non so perché, non me ne sono reso conto per niente. So solo di essere stanco e di aver passato parecchie delle ultime serate a lavorare o studiare, so anche che probabilmente domani sera non potrò tornare in campo, oggi ho fatto una corsetta di prova dallo studio alla macchina. Non è stato un successo, per niente. Aggiungendo anche che chi mi ha visto dovrebbe avermi scambiato per il più grande idiota del paese, sotto l'acqua con l'ombrello da dieci posti che imbarcava aria e zoppo, fondamentalmente zoppo. Ostinato a correre verso la macchina per cambiare il disco orario. Non è una bella immagine, me ne rendo conto e proprio per questo ho deciso di lasciare un dipinto di Dalì qua di fianco, come una forma di compensazione. Chissà se è il mare della costa brava, e più che altro chissà se almeno il caro Pampa saprà darmi una risposta in merito, il quadro mi piace molto, ma ne so poco e credo che sia meglio non addentrarmi in chiacchiere che sarebbero del tutto azzardate. Rimane che mi piacerebbe avere una finestra sul mare con quel colore verdognolo del quadro, invece che tenere accesa la televisione credo che terrei aperta la finestra. Almeno mi risparmierei di vedere in continuazione bella gente che mi propone finanziamenti agevolati, per comperare la macchina, per comperare il computer, la televisione stessa e se solo volessi anche per comperare un phon. Ma credo che a questo tema della perversione di acquisti rateali dedicherò un intero post, per ora vado a rimettere la sveglia in vista di domani. Aggiungo solo che Reginella è una canzone meravigliosa, anche se non c'entra niente col post, que duermais bien todos

domenica 11 marzo 2007

montagna di qua, montagna di là



So mejo de la sciampagna
li vini de 'ste vigne
ce fanno la cuccagna
dar tempo de Noè

...
Il locale è vuoto, semplice e aperto. L'orario non è più quello di una cena. Ci accoglie un uomo, probabilmente fascista, con orologio d'oro e più di un anello, ma è gentile. Ci dice che nel suo locale non è mai tardi, a me comunque sembra proprio tardi. Sarà che siamo gli unici clienti, sarà che fuori inizia a fare freddo, sarà che ho fame. Sono le 22:28 e ancora non ci siamo seduti per mangiare, Trippa è stato bravo. Dicendo soltanto "va giù", ci ha portato a spasso prima per Roma e poi per i castelli. Abbiamo sbagliato quasi ogni strada, io credo che sia stato tutto colpa della vecchiaia. Voleva la porchetta, voleva la piazzetta di Ariccia col vino frizzantino di quelle parti. Ma la mancanza di parcheggio lo ha costretto ad arrivare fino a Rocca di Papa, con le case costruite una sull'altra e quattro persone tra i viottoli stretti. Niente porchetta, solo Gozzi, Chiara, Trippa e io. Non c'era nessuno. A parte una cuoca che stava mangiando una pizza, in un locale illuminato come se fosse natale davanti ad una piazzetta che forse è anche una terrazza da cui si vedeva tutta Roma. Non me lo sarei aspettato, ma all'improvviso avevamo tutto. L'amore di Gozzi e Chiara, le luci di Roma, un vino rosso sul tavolo e il cibo che stava arrivando. Il vino era di una bontà rara e la schiacciata richiesta da Busti in persona era "unta al punto giusto", come l'ha definita Trippa stesso. Pecorino piccante, salumi vari e delle rondelle di melanzane. Poi pappardelle, fettuccine, funghi, lombata e cicoria. Io ammetto di aver mangiato quanto Trippa, anzi abbiamo iniziato insieme fin dal pomeriggio e abbiamo finito a mezzanotte abbondante sempre insieme. A chiudere brutti-buoni e caffè. La libreria di Gozzi è comunque bellina, un po' come il centro del Ponte. Intanto penso che Bozzi se ne andrà a Roma e che la città lo cambierà in qualche modo, ma questa è un'altra storia. Invece per il prossimo fine settimana si prospetta un'altra gita, forse dalle parti di Orvieto, forse.
...
Li prati a tutto spiano
so' frutte, vigne e grano
s'annamo a mette lì
Nannì, Nannì.

È sera e già le stelle
te fanno un manto d'oro
e le velletranelle
se mettono a canta'
se sente 'no stornello
risponde un ritornello
che coro vie' a senti'
Nannì, Nannì.

mercoledì 7 marzo 2007

Cookies


Stasera mi si è fatto tardi, ma ho voglia di lasciare due strisce dedicate all'immaginazione e alla capacità di usarla, non aggiungo altro che ho bisogno di Voltaren per il mio alluce...

lunedì 5 marzo 2007

Tajabone

Poco tempo fa, la meravigliosa Doctor Busti mi ha fatto un regalo: il cd con la colonna sonora di Tutto su mia madre. La canzone che ho voglia di ricordare è Tajabone. Quella che suona quando sullo schermo passano le immagini notturne della città. Un film bellissimo arricchito da questa canzone. Personalmente non conosco nessuno a cui non piaccia, effettivamente non ho interpellato Go... comunque dopo estenuanti ricerche ho trovato il testo, che non so tradurre e che dovrebbe essere in Senegalese, più probabilmente pare scritta in Wolof. Pare.


Ta.. Tajabone, dejne, Tajabone
Ta.. Tajabone, dejne, Tajabone
abduh u jam mal hy ajmhal
ja mahle kala
jawe eteeko da uzee seroon
mumun muhnida dagam du linga'n
mumun muhnida dagam won n'ga
ha we he ch'ticoon da nun ze zerun
mumun muhnida dagam du linga'n
mumun muhnida dagam won n'ga
Tajabone, dejne, Tajabone
Tajabone, dejne, Tajabone
wo leij, wo leij,
abduh u jam mal hy ajmhal
ja mahle kala
N'ga, n'ga
Ho ricercato una traduzione decente che non credo di aver trovato, un qualcosa di indicativo sì, ma niente più. Comunque ho imparato che il Tajabone è un festa musulmana alla fine del Ramadan, quando i bambini vanno di casa in casa a scambiare doni. Cantano e ballano alle porte delle case. In cambio ricevono doni che poi sono frutti, biscotti e vestiti. Ricorda in un certo modo halloween. La canzone stessa racconta della tradizione musulmana per cui si è tenuti a pregare per cinque volte al giorno e a digiunare durante il mese del Ramadan. Gli angeli poi chiederanno conto di tutto ciò. La canzone è un bel riassunto di queste chiacchiere, per ora auguro al mondo una buona notte, in attesa de li castelli che ci attendono nel prossimo fine settimana

domenica 4 marzo 2007

Canto di me stesso

Lo sapevo io e lo sapeva sicuramente anche Gozzi, prima o poi avrei dedicato un post a Walt Whitman. Forse oggi non sarà proprio così, forse mi usciranno fuori due parole rattoppate, ma il pensiero c'è e come insegnano ai bambini è il pensiero quello che conta. Oggi passeggiavamo con Go, 'l Meuri e la Giulia tra moscerini e regazzetti in bicicletta, quando tre rappresentanti della parrocchia di San Sisto hanno deciso di portarci a conoscenza del messaggio apostolico. In particolar modo hanno deciso di comunicarlo a me. E so anche perché. In certe situazioni sono in difficoltà, mi intimidisco se mi dicono che Gesù mi ama. Non posso replicare e riesco soltanto a borbottare che non sono credente, un'approssimazione. Gli altri stavano zitti e loro guardavano me, mi dicevano che anche San Paolo era un persecutore di cristiani, poi accecato da Dio ha trovato la fede. Uno, non sono un persecutore di cristiani, come dimostrano i fatti, casomai vale il viceversa. Due, già la biologia ha fatto la sua parte con la cecità. Tre, capisco che non so come uscire da certe situazioni in cui per altro mi ci ficco da solo. Quattro, ogni volta che succede ricordo una poesia di Whitman. La poesia è la stessa che avevo promesso alla Patti qualche tempo fa, a dire la verità è un poemetto. Su Whitman, sull'uomo e sulla realtà. Più che altro sulla realtà umana che si risolve nel diverso e l'intero poemetto si chiude sulla figura dell'altro. Mi spiego meglio, si parte dall'io e si finisce al tu. Credo che per Walt Whitman sia quella la risposta alla domanda su cosa sia l'uomo. Il tu. L'altro. Ognuno di noi è chi gli sta di fronte, e aspetta di riconoscersi nell'altro. Trovo che sia una bella risposta alle mille domande mistiche o religiose che ci pongono tutti, anche quelli della parrocchia di San Sisto. C'è una strofa dove si parla di Dio che rappresenta molto bene l'idea di base del poema:
..E dico a tutta l'umanità: non siate curiosi circa Dio
Perché io che sono curioso di tutto non sono curioso di Dio,
(Nessun insieme di parole può esprimere quanto io sia tranquillo circa la morte e Dio).
Ascolto e vedo Dio io ogni oggetto, eppure non capisco minimamente Dio,
Né che possa esserci qualcuno più meraviglioso di me stesso.
Perché dovrei desiderare di veder Dio meglio di oggi?
Vedo qualcosa di Dio in ogni ora delle ventiquattro, in ogni loro istante,
Vedo Dio in ogni volto umano e nel mio allo specchio,
Trovo lettere inviate da Dio per le strade, ciascuna firmata col suo nome,
E le lascio dove si trovano, perché io so che dovunque mi diriga
Altre verrano puntualmente, sempre e per sempre.
Forse prima o poi pubblicherò ancora altre strofe di questo poemetto di fine '800, per ora scappo a raggiungere il Meuri in centro e lascio gli ultimi versi della poesia, che sono probabilmente la parte più bella
...
Se non mi trovi subito non scoraggiarti,
Se non mi trovi in un posto cerca in un altro,
Da qualche parte starò fermo ad aspettare te.