Il governo non c'è più, per la solita superbia di pochi. Per quel misero cavalcare l'onda che piace tanto ad almeno un paio di partiti. Io non cambio idea e aspetto solo di fare qualche chiacchiera a quattr'occhi per capire che idee ci sono dietro le lusinghe. Intanto continuo ad ascoltare il concerto di Managua e scopro delle storie belle, dietro le canzoni, dopo un primo ascolto superficiale ne rimango sorpreso. Una di queste canzoni è Maldición de Malinche. La storia invece è quella di Malinche. Una delle venti donne donate a Cortés in cambio della pace. Era la loro usanza, quella per cui Malinche di origini azteche era fin da bambina finita come schiava all'autorità militare di Tabasco. In cambio della pace si donavano donne agli stranieri. C'è chi la descrive come quella figura fondamentale per la conquista del Messico, Cortés ne fece la sua amante e la sua interprete. Lei divenne una fedele compagna degli spagnoli. Fu probabilmente il più importante consigliere di Cortés, che dopo aver terminato la sua conquista riconobbe il figlio nato da questa relazione, ma fece sposare Malinche con uno dei capitani della spedizione. Malinche è il simbolo degli indios sedotti e abbandonati dagli stranieri, ma c'è anche chi la descrive come quella figura che ha permesso di rinnovare il suo paese e così è anche il simbolo della maternità. Una figura dall'apparenza complessa, che sinceramente non riesco a descrivere meglio, probabilmente per i limiti della mia cultura storica. La canzone rimane bella al di là delle varie interpretazioni, con tutta la storia che contiene e con un po' di presente.
Del mar los vieron llegar mis hermanos emplumadosEran los hombres barbados de la profecía esperadaSe oyó la voz del monarca de que el dios había llegado.Y les abrimos la puerta por temor a lo ignorado.Iban montados en bestias como demonios del malIban con fuego en las manos y cubiertos de metal.Sólo el valor de unos cuantos les opuso resistenciaY al mirar correr la sangre se llenaron de verguenza.Porque los dioses ni comen ni gozan con lo robadoY cuando nos dimos cuenta ya todo estaba acabado.Y en ese error entregamos la grandeza del pasadoY en ese error nos quedamos trescientos años esclavos.Se nos quedó el maleficio de brindar al extranjeroNuestra fe, nuestra cultura, nuestro pan, nuestro dinero.Y les seguimos cambiando oro por cuentas de vidrioY damos nuestras riquezas por sus espejos con brillo.Hoy, en pleno siglo veinte nos siguen llegando rubiosY les abrimos la casa y les llamamos amigos.Pero si llega cansado un indio de andar la sierraLo humillamos y lo vemos como extraño por su tierra.Tu, hipócrita que te muestras humilde ante el extranjeroPero te vuelves soberbio con tus hermanos del pueblo.Oh, maldición de Malinche, enfermedad del presenteCuándo dejarás mi tierra.. cuándo harás libre a mi gente.
E gli ipocriti che si mostrano superbi con la loro nazione stasera mi ricordano almeno un paio di senatori, quelli che nemmeno hanno avuto un figlio illegittimo di Cortés da farsi riconoscere
7 commenti:
post geniale, caro fochi. e poi gli Atzechi erano un popolo così affascinante...ma poi la partita, ieri? un abrazo
Bella la canzone, eh? Invece la partita grazie al cielo non c'è stata, l'altra squadra ha chiesto di rinviarla, almeno pare. Meglio perché non avrei retto più di 35 minuti...ora giro dei blog e poi Meuri
Caro forfecchia la partita non è stata rinviata ma vinta a tavolino!!! Il che significa playoff quasi matematici!!!
dio mio che bellezza, non ce posso crede'... le semifinali da me annunciate si avvicinano
che culo!
....che bella davvero Fede!!Sto post mi ha risollevata, tornero' in un paese dove come sempre nulla mi stupisce piu'!
PS vediamoci un di' che la prox sett saro' in quel di perugia!
Hola!! Claro que si, io sarò decisamente impicciato, ma basta organizzarsi e il gioco è fatto. Intanto vado a sonnecchiare una mezz'oretta
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